Due premesse, prima di iniziare. La prima: la mia kinesiologa non sarà molto felice di questo articolo, ahimè… (alla fine ne saprete di più). La seconda: ho conosciuto Monica Forcella tre anni fa a Milano frequentando un corso di Strategie di marketing e comunicazione dei beni culturali. Tra archeologhe, aspiranti fundraiser e project manager pervase dal fuoco sacro della cultura, lei era l’unica con una laurea in Agraria (!), un look da riviste di moda e una macchina fotografica sempre in borsa. Devo dire che il sorriso dolce di Monica alla fine ci ha conquistato e così abbiamo iniziato a conoscere il suo mondo al gusto di caffè.
Ci racconti come è nata l’idea di Mogi caffè?
Il caffè è nel DNA della mia famiglia, sono cresciuta respirandolo sin da bambina. Ho studiato Agraria e non Economia anche per questo motivo, perché lo sentivo e vivevo come chicco, come drupa, come frutto, prima che come business. Quando ho terminato gli studi, è nata l’idea di creare qualcosa di mio, in cui fondere quello che credo a quello che faccio tutti i giorni. Mogi è profondamente fatta di me, oltre che di caffè.
Nell’home page del sito di Mogi è riportata una frase di Bruno Munari: “La fantasia l’invenzione e la creatività pensano, l’immaginazione vede”. E’ l’immaginazione l’arma segreta di un imprenditore di successo? Quanto posto occupa nella tua vita?
L’imprenditore a mio parere è innanzitutto un innovatore, un visionario, uno che vuole trasformare in meglio la realtà in cui vive. O almeno io cerco di essere così nel mio quotidiano, di tracciare la “mission” aziendale sui tovaglioli di carta col logo Mogi, raccogliendo gli spunti che nascono conversando con i miei agenti o con i baristi che vendono caffè Mogi o quando incontro le realtà del territorio con le loro proposte di collaborazione a ogni livello, dalle forniture alle sponsorizzazioni. Prima di calcolare al centesimo il ritorno degli investimenti mi chiedo, semplicemente: questa iniziativa, mi porta dove voglio andare?
In senso anche geografico, questa è la vision, no?
Da imprenditrice, come hai scelto la tua strategia aziendale e su cosa hai puntato?
Come imprenditrice credo molto nella formazione. Specifica sul prodotto, infatti non ho cessato gli abbonamenti a riviste di settore anche dopo la laurea, ma anche sulle novità del mercato, della filiera e della comunicazione. Frequento convegni e fiere, leggo molto, e credo nella comunicazione a due vie con clienti, fornitori e colleghi.
Mogi e lo ‘sbarco’ nel Regno Unito: è un’iniziativa impegnativa, come vi state preparando?
Abbiamo un ottimo agente, creato una rete di contatti e sappiamo esattamente dove vorremmo andare: per lo sbarco ci sembra sufficiente! Per la conquista del mercato inglese, abbiamo ancora delle carte da giocare…. intanto stiamo facendo dei test a Francoforte e Fulda.
Mogi e il sostegno alla cultura: quale è stata la molla che ha messo in moto tutto?
Come detto, da imprenditrice il mio compito è anche saper ascoltare. “Sentire” il mercato, la rete di clienti e fornitori, il territorio. E creare, con loro, un’esperienza che non si limita alla sola fruizione della tazzina di caffè, ma di condivisione di esigenze, dalle più superficiali – una pausa con un amico al bancone – alle più profonde – la realizzazione attraverso il lavoro, ad esempio. In ogni transazione commerciale si parla di persone che incontrano altre persone, su quale terreno meglio che su quello della cultura si incontra l’umano? Parola di agronoma
“Come ti sei espresso oggi?” è la frase che accompagna la comunicazione del brand. Oltre il gioco di parole (vincente), cosa c’è dietro questa formula?
Come anticipavo prima, io credo fermamente che i mercati siano conversazioni, cioè incontri. E che in una tazzina di caffè ci sia molto di più che 7 grammi di miscela, con un certo prezzo, che dipende dall’andamento della materia prima su borse internazionali. C’è il raccoglitore della bacca, chi insacchetta il semilavorato, il barista: tutti gli attori della filiera, fino all’impronta di due labbra rosse su una tazzina bianca e blu Mogi, sono persone, e quel caffè ha fatto parte della loro esperienza della giornata. Vogliamo riconoscere il valore di tutto questo, dentro un caffè Mogi.
I progetti culturali di Mogi in quanto tempo sono nati e con chi li hai sviluppati? Avevi referenti fuori dall’azienda?
Tutti i progetti sono nati ex novo. Normalmente mi viene lanciata un’idea, tra la provocazione e il “mi piacerebbe”; se vedo spazio per lavorare insieme da lì si parte. Altre volte partiamo da un mio spunto e cerchiamo le persone o l’associazione adatta per lavorarci.
Ci racconti le prime esperienze culturali di Mogi: il calendario 2009, la partecipazione al progetto “The Blank: Bergamo Modern and Contemporary Art”?
Il 2009 era l’anno dell’anniversario della caduta del muro di Berlino e del mitico concerto dei Pink Floyd. Una cooperativa sociale in cui lavorano ragazzi diversamente abili sognava di fare una grande cover del concerto. Ecco “The wall”: concerto, calendario, latta di caffè Mogi, bustine di zucchero e tutta la comunicazione.
Nel 2010 Mogi ha aderito per prima al progetto “The Blank: Bergamo Modern and Contemporary Art” per l’arte contemporanea nella convinzione che l’arte debba entrare nella vita, nelle gallerie e nelle strade, con performance e installazioni. Nel 2011 Mogi ha regalato un aroma di caffè al più grande mercato dell’arte contemporanea di Bergamo BAF, in Fiera.
Come è nata la collaborazione con il festival letterario “Presente Prossimo”?
Per le edizioni 2009 e 2010 Mogi è stata main sponsor di “Presente Prossimo”, il festival letterario della provincia di Bergamo che attraverso l’incontro tra autori e pubblico trasforma le parole scritte in parole parlate, la lettura da individuale a collettiva, le piazze in Caffè. La collaborazione è stata molto fattiva anche grazie a un’amicizia personale con il direttore artistico del festival, lo scrittore Raul Montanari.
L’ultima iniziativa vi vede protagonisti di tre corti: “Il caffè e l’amore”, “Il caffè e le donne”, “Il caffè e gli uomini”, realizzate da Olga Vanoncini e nate da un concorso lanciato tra i vostri utenti su Facebook. Sei soddisfatta del risultato?
Sono piuttosto soddisfatta, soprattutto della buona partecipazione alla serata di presentazione dell’iniziativa, ospitata da una galleria d’arte di Bergamo, cui hanno preso parte anche persone non habitué del circuito della galleria. Trovo che sia importante continuare nella direzione dell’apertura dei circuiti delle gallerie e dell’arte contemporanea verso i luoghi di incontro e di aggregazione: la Rete, ma anche i bar e le strade, attraverso installazioni, come ha fatto The Blank, o esperimenti di video-arte.
Un’azienda che comunica anche tramite social network è…..?Presente
Avete avuto modo di valutare i risultati del vostro impegno in attività culturali? In che percentuale hai investito in questo settore?
Abbiamo a disposizione il numero delle affluenze agli eventi, il numero di visualizzazioni dei video per il canale YouTube e la rassegna stampa che raccogliamo. Misure dirette sui risultati utili per l’azienda è impossibile averli a breve termine. Bisogna crederci.
Un imprenditore che investe in cultura diventerà una regola in futuro?
Lo spero vivamente!
Hai nuovi progetti nel cassetto? Ancora una collaborazione con il territorio, ma anche un nuovo prodotto in un mercato nuovo. Una scommessa!
Le prime tre immagini che ti vengono in mente se dico caffè.
La moka sul tavolo della mia colazione. Il bianco e blu di Mogi. La macchina da caffè che ho in ufficio, una Faema E61 del 1961.
Se me lo chiedi in ufficio a metà giornata vedo solo la E61, da lì arriva il mio espresso e io non vedo oltre…
Ultima domanda: ti ricordi il tuo primo incontro con la cultura?
(Monica sorride, ndr) I grandi classici che leggevo da bambina, naturalmente erano edizioni per ragazzi, ma l’idea d’aver letto Robison Crusoe, la capanna dello zio Tom… mi faceva sentire una donna.
E direi che lo spirito avventuriero non ha mai abbandonato Monica, anzi…. Il mio augurio è che in giro per l’Italia diventino sempre più numerose le imprenditrici Crusoe con una grande voglia di esprimere cultura e non solo bilanci e, perché no, un bel paio di tacco 12!
p.s. Maurizia (la mia amata kinesiologa) perdonami! Ma una tazzina di caffè a questo punto me la concedo ))