Protagonisti del secondo appuntamento “Made in Culture” sono i libri, o meglio, quelli che al piacere della lettura non rinunciano, anche se c’è crisi, recessione ecc… Semmai raddoppiano o, come nel nostro caso triplicano la passione.
Ma andiamo per ordine: qualche settimana fa incontro un amico che per lavoro si è trasferito a Milano, mi racconta che ha partecipato a un’iniziativa particolare: il Soggiorno letterario. Soggiorno? Letterario? Musica per le orecchie di Care about Culture, non potevo certo farmelo scappare.
E così, eccomi pronta per la trasferta milanese: prenoto il mio posto al Soggiorno (appuntamento mensile per massimo 30 partecipanti), aspetto la conferma di ora e luogo dell’incontro (last minute call), e mi preparo a conoscere Gabriella, Annarita e Alessandra, le tre ideatrici del progetto.
Arrivata a destinazione, sento subito l’atmosfera tipica di una festa tra amici: il lettone ricoperto di cappotti, la cucina affollata di mani che si danno da fare (ognuno ha portato qualcosa da bere o mangiare), i cuscini colorati sparsi su divani e tappeti e volti rilassati e sorridenti (chi l’ha detto che a Milano sono tutti stressati?).
E poi c’è l’ospite d’onore della serata, lo scrittore in carne e ossa, quello a cui è riservata una poltrona speciale del Soggiorno e che questa volta è il pratese Emiliano Gucci. Emiliano è stato invitato per presentare il suo ultimo romanzo Nel vento (Feltrinelli). Lo saluto mentre beviamo un bicchiere di vino, il suo viso è molto noto ai frequentatori, come me, della libreria Feltrinelli di Firenze a due passi dal Duomo.
Qui, infatti, ha lavorato per molti anni (è da poco tornato nella sua Prato) e proprio tra gli scaffali della ‘sua’ libreria ricordo di averlo visto la prima volta in veste di autore esordiente nel 2004 (il libro era Donne e topi, Lain/Fazi). Un libraio scrittore di cui la città di Firenze, ma non solo, è da sempre molto orgogliosa.
Dopo stuzzichini e vino scatta l’ora x: prendiamo tutti posto e il nono Soggiorno letterario ha inizio. Le prime a prendere la parola sono le tre padrone di casa che, in un crescendo di curiosità e domande all’autore, ci guidano alla scoperta di un libro che da subito ha colpito le tre ideatrici dell’iniziativa (regola numero 1: al Soggiorno sono ammessi solo libri che centrano il bersaglio tre volte!).
Nel vento è la storia di una scelta nata dal bisogno di sfuggire e sopravvivere a un dolore. Una ferita profonda che rende un bambino una promessa dell’atletica e poi un uomo tragicamente alle prese con la propria infelicità, che diventa “carburante per le sue corse”, e con il “proprio drago interiore”. Noi lo conosciamo ai blocchi di partenza della sua gara definitiva, quella perfetta, il sogno di ogni centometrista. Pagine che evocano, più che raccontare, in cui la velocità e il ritmo sono determinanti, non solo sul piano narrativo, ma anche su quello stilistico. Un libro da leggere “tutto d’un fiato”, insomma.
Per un’ora ci facciamo largo tra le paure e le ansie del protagonista, che diventano anche quelle dell’autore, che mette in gioco tutto se stesso e ci restituisce con generosità e una certa emozione la sua fragilità di narratore contemporaneo (mestiere difficile). Tutto intorno cresce l’alchimia di un incontro sempre più piacevole, a cui partecipano anche gli ospiti del Soggiorno (in tanti hanno già letto il libro e sono preparatissimi!!) con domande e interventi molto interessanti. Non è facile, alla fine, rompere le righe. Fortunatamente c’è ancora il tempo per chiedere una dedica all’autore e annodare fili narrativi rimasti in sospeso.
Prima di andare via, mi guardo intorno e tra gli sguardi più soddisfatti mi sembra ci sia quello delle addette stampa della casa editrice (e vi assicuro che non è cosa da poco!). L’esperienza del Soggiorno letterario, a detta loro, è un modo decisamente nuovo ed efficace di promuovere i libri. L’autore è accolto in un clima familiare, i presenti sono lettori attenti e motivati, e quello che scatta è una grande empatia, che è l’ingrediente chiave di ogni buon passaparola. Credo che l’idea di un proliferare di Soggiorni letterari nel Belpaese possa piacere molto al mondo della comunicazione editoriale….
Ma ora è arrivato il momento di lasciare la parola a loro: Alessandra, Annarita e Gabriella, tre donne con una…. stanza in più.
Alessandra: Giornalista di Radio 24 dal primo giorno di trasmissione, il 4 ottobre 1999. Conduce la rubrica di narrativa “Il Cacciatore di libri” in onda il sabato alle 6,45 e alle 21 e poi su www.radio24.it. E’ nata a Bari, ma si è trasferita a Milano per frequentare l’IFG (l’Istituto per la formazione al giornalismo). Ha lavorato e collaborato con tv (Mediaset), settimanali (Donna moderna), quotidiani (Avvenire) e radio (Italia Radio e Cnr).
Annarita: Giornalista freelance, scrive di libri sulle pagine culturali di Repubblica Milano, Repubblica e RSera. Collabora al mensile Il Mucchio, organizza eventi, insegna al Master di giornalismo di Urbino, conduce presentazioni. Ha studiato alla Scuola Holden e lavorato alle Olimpiadi di Torino. Di base a Milano, sognando New York.
Gabriella: Giornalista, da 17 anni lavora nei giornali femminili e da 10 fa parte della redazione del mensile Cosmopolitan, dove si occupa di libri, ma non solo. Collabora con il webmagazine corriereimmigrazione.it su temi inerenti al multiculturalismo ed è stata tra gli organizzatori, due anni fa a Milano, di Bookswap, un evento pubblico di scambio di libri.
Il progetto del “Soggiorno letterario” quanto deve al tuo lavoro nel mondo della comunicazione? Pensi che la cultura in Italia goda di buona comunicazione?
Al: Il fatto di lavorare a Radio 24 e di occuparmi anche di libri mi permette di essere in contatto con le case editrici, conoscere le novità, leggere i romanzi in anteprima. Tutto questo rende più facile l’organizzazione del Soggiorno letterario. Quanto alla comunicazione della cultura… siamo all’età della pietra. Quando si parla di libri spesso lo si fa in modo noioso, per non parlare dell’arte. Perché i servizi televisivi su una mostra devono avere sempre come sottofondo la musica classica? Un bel brano rock catturerebbe l’attenzione dei più giovani. Basta con questa idea che la cultura debba essere d’élite!
Ar: La maggior parte di quelli che si definiscono comunicatori non lo sanno fare. Il giornalista è un anatomopatologo del mondo, prende le informazioni e le analizza, le rivolta come un calzino, vede le connessioni. Il Soggiorno è perfetto per superare le barriere culturali e personali, una versione umana, fisica dei social. L’Italia è ancora il Paese in cui con la Cultura non si mangia, ma le cose cambieranno, le rivoluzioni scoppiano quando meno te l’aspetti.
G: Be’, se non mi occupassi di tematiche culturali per il mio lavoro forse il Soggiorno non sarebbe mai nato! Sulla comunicazione: non credo che il punto sia come vengono comunicati gli eventi culturali, ma come vengono organizzati. Bisogna pensare a nuove modalità per veicolare la cultura e per ampliare il bacino di utenza degli eventi culturali. E questo riguarda tutta l’Italia, ma forse soprattutto città meno “attive” di Milano.
Quali sono, secondo te, i tre ingredienti chiave del Soggiorno letterario?
Al: Curiosità, spontaneità, calore umano.
Ar: 1) Gli autori ospiti e i loro libri scelti da noi tre in totale libertà, dalle major agli editori indipendenti; 2) il pubblico di lettori forti e addetti ai lavori; 3) tanto vino, focaccia, torte. Posso aggiungerne un quarto? La poltrona dello scrittore, ma per sapere cos’è bisogna venire al Soggiorno.
G: 1) La convivialità: si va a cena da amici, si beve e si mangia, si conoscono persone nuove e in più si parla anche di cose interessanti; 2) l’informalità: ci si siede dove capita, sui cuscini, sul bracciolo della poltrona, per terra, e lì a due passi da te c’è uno scrittore che ti parla del suo libro; 3) la spontaneità: è vero che noi tre organizzatrici conduciamo la chiacchierata, ma ognuno è libero (e si sente libero) di fare interventi o domande in qualunque momento, senza imbarazzo.
Per te il Soggiorno letterario è un’idea che ha funzionato o il risultato di una passione comune?
Al: E’ un’idea che ha funzionato e anche il risultato di una passione per i libri che lega noi tre (Gabriella, Annarita e io). L’idea è piaciuta perché ci poniamo, in modo ironico, in alternativa ai fumosi salotti letterari, diventati snob ed elitari. Posti dove raramente si fa cultura, ma dove si va per presenzialismo. Al Soggiorno non si viene per “esserci”, ma per “condividere”. Anche manicaretti e vino!
Ar: Il mio motto è l’unione fa la forza.
G: Direi il risultato di una passione comune: non solo a noi tre che lo organizziamo, bensì a tutti quelli che partecipano.
Hai un ricordo del Soggiorno a cui sei particolarmente legata?
Al: La magia che si è creata al Soggiorno con Paolo Cognetti e il momento in cui lui, generosamente, ha letto un racconto inedito per i partecipanti.
Ar: Quando ero in un certo “stato” avevamo un Soggiorno, è un ricordo dolceamaro.
G: Quando abbiamo invitato lo scrittore napoletano Stefano Piedimonte mi sono particolarmente divertita. Credo che sia successo perché avevo bevuto un bicchiere di vino prima di iniziare. Di solito non bevo mai, perché voglio essere attenta, non rischiare di perdere il filo, ma quella volta ho capito che, se ci si lascia andare, a volte le cose funzionano pure meglio!
Come definiresti il rapporto che nasce tra l’autore e il pubblico durante il Soggiorno?
Al: Un’alchimia. Può essere più o meno forte. Succede. In genere gli autori si sentono a proprio agio. Uno scrittore ci ha confessato che per un paio d’ore aveva dimenticato di essere timido. Il complimento più bello.
Ar: Come dovrebbe sempre essere: senza filtri, frizzantino e alla moda.
G: Di timida complicità. All’inizio c’è un po’ di riservatezza da entrambe le parti. Gli invitati non sanno cosa aspettarsi dall’autore o autrice; lui o lei non sanno cosa aspettarsi dal pubblico. Poi, una volta rotto il ghiaccio, si creano dei bei momenti di contatto.
Tra un anno come immagini il ‘vostro’ Soggiorno letterario?
Al: Uguale nelle linee portanti. Con tanta gente che ci chiede di partecipare.
Ar: Pieno di amore per la Cultura in un’Italia finalmente migliore.
G: Come ora: snaturarne la formula mi dispiacerebbe.
Il tuo libro del cuore?
Al: Impossibile rispondere, dipende dal momento. A 8 anni era La favorita del Madhi di Salgari, a 20 Siddharta di Hesse, poi a 25 la passione per Milan Kundera, a quasi 30 La versione di Barney… Se dovessi essere costretta a scegliere direi il Vocabolario. Dalla prima elementare ho avuto la passione di sfogliarlo e curiosare fra le parole. Una passione che ho ancora oggi.
Ar: Andrea De Carlo Due di due e il romanzo che ho scritto io…
G: Non ce l’ho. Ma per me la cosa più bella e magica della letteratura è quando si compie quell’incantesimo per cui un libro ti cattura alla prima pagina e ti rapisce in maniera totale, tanto che ti estranei dal mondo, sei totalmente preso, non esiste altro. E i libri con cui mi è successo con maggiore forza sono Possessione di Antonia S. Byatt e Anna Karenina di Tolstoj.
Che ne dite? Non sarebbero le persone perfette a cui affidare le chiavi di Casa Cultura Italia?
P.S. Grazie Emiliano, spero che il tuo augurio mi spinga verso il vento migliore…