“Why is it giving guns easy and books so hard?”: una frase che mi ha colpito e che ha fatto risuonare le corde del mio passato da editor e quelle del mio presente da blogger culturale.
A pronunciarla pochi giorni fa a Oslo è Malala Yousafzai, durante il discorso tenuto in occasione della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la pace 2014. Un evento che l’ha resa la più giovane vincitrice di un Nobel, e certamente di uno dei più impegnativi. Un riconoscimento condiviso, tra l’atro, con l’indiano Kailash Satyarthi (scelta molto significativa e importante).
La storia di Malala, nata in Pakistan nel 1997, è abbastanza nota: ad appena undici anni inizia a documentare l’occupazione militare della sua regione da parte dei talebani pakistani, contrari ai diritti delle donne e soprattutto alla loro istruzione. Nell’ottobre del 2012 viene ferita gravemente alla testa da alcuni uomini armati saliti al bordo del bus che Malala e le sue compagne usano per andare a scuola perché considerata un pericolo dal nuovo regime. Dopo i primi interventi chirurgici in Pakistan viene trasferita in Inghilterra per essere curata in un luogo sicuro, lontano dalle continue minacce talebane.
E così Malala inizia la sua seconda vita. O forse, semplicemente, prosegue il suo viaggio nella Storia (quella con la “S” maiuscola) seguendo un destino che, in una fredda mattina di dicembre, la porta a ricordare a tutti noi quanto sia ancora facile trovare fucili tra le mani persino di bambini, piuttosto che libri.
Possibile? Possibile che i libri debbano, ancora oggi, farsi strada tra caricatori e proiettili per arrivare a essere quello che sono sempre stati? Una finestra aperta sul mondo, un’occasione di vita e condivisione?
Chiamatelo pure ingenuo stupore, ma a me tutto questo proprio non va giù. Ecco perché ho deciso di dire con convinzione che, oggi più che mai, abbiamo bisogno di #BooksNotGuns e per mille (buone) ragioni. E ho iniziato a raccoglierle queste ragioni, partendo da alcune voci amiche di Care About Culture che hanno risposto all’invito e raccontato perché, secondo loro, i libri sono la migliore arma contro le armi.
Sandra Giuliani, fondatrice e presidente dell’associazione “Donne di carta”, portavoce in Italia dello spagnolo “Proyecto Fahrenheit 451 las personas libro”, tra le cui attività c’è quella, splendida, delle Persone libro:
Se la lettura è un processo che esce dal silenzio individuale e costruisce relazioni; se ovunque può essere un luogo di lettura; se non servono nemmeno i libri fisici ma basta ascoltare le narrazioni a voce alta della gente e ciò che chi sa ha voglia di condividere, allora leggere è il primo grande laboratorio di costruzione delle libertà e un libro è un’arma perché mette nelle mani di chi legge il potere enorme dell’immaginazione: il poter essere l’Altro, il poter cambiare, il poter non essere qui.
Paola Massalin, insegnante dell’Istituto Calamandrei di Firenze, è tra le socie fondatrici dell’associazione “FuoriClasse”, nata dal desiderio di genitori, professori, personale ATA e amici della scuola di creare iniziative destinate agli studenti anche fuori dall’orario delle lezioni:
Quando leggiamo in classe un passo significativo di un libro, mi piace chiedere ai ragazzi cosa significhi secondo loro. E finiamo sempre per stupirci insieme dei nostri diversi punti di vista: alle volte scherziamo sulle osservazioni bizzarre dei più fantasiosi, o della noncuranza dei più pigri; il commento acuto e inatteso del timido della classe suscita ammirazione.
Ma tutti usciamo dall’aula diversi da come vi eravamo entrati perché il pensiero dell’autore si è trasformato in noi in nuovo e originale pensiero: la parola scritta ci ha trasformati.
Cerco di fargli capire, e sperimentare, che se il pane nutre il nostro corpo, il libro nutre la nostra mente e solo una mente ben nutrita sa prendere decisioni, sa scegliere in modo libero per la propria e altrui libertà. Per questo armi e libri non vanno d’accordo”.
Donatella Natoli, una delle instancabili animatrici della Biblioteca dei bambini e dei ragazzi “Le Balate” di Palermo, un vero ‘gioiello’ incastonato nel qyartiere storico di Ballarò :
Nella nostra esperienza la frase di Malala risuona molto vicina. Noi delle Balate di Palermo pensiamo che oggi, più che mai, sia indispensabile lavorare per superare l’ingiustizia culturale che attanaglia una parte importante della nostra popolazione e che comprende le nuove generazioni.
Dispersione scolastica altissima, mancanza di cultura e di apprendistato lavorativo condannano una parte di popolazione a essere facilmente assoggettata alla malavita, a non potere fare progetti di vita autonomi che valorizzino le capacità e le potenzialità di ciascuno, a spegnere rapidamente i sogni giovanili belli.
Vincenzo Consolo di fronte a queste difficoltà sociali scriveva: “ed io sommessamente dico più libri, più libri”.
E noi, condividendo la sua frase, vorremmo gridare di destinare risorse umane ed economiche per far sì che tutti abbiano l’opportunità di conoscere libri, arte e natura e prendere le risorse economiche da quelle per gli armamenti e dagli enormi sprechi che vediamo in tanti ambiti.
A questo punto tocca a voi: raccontateci perché oggi abbiamo bisogno di #BooksNotGuns. Non siate timidi, ci sono battaglie a cui non è possibile sottrarsi.