Luca De Biase e il cubo di Rubik: intervista a sei facce per parlare di cultura, economia e creatività

Non è certo una novità che in Italia il finanziamento alla cultura sia considerato un rompicapo. Indagini, analisi, workshop e tavole rotonde stanno con fatica tracciando una rotta a cui molti guardano con apprensione, nella speranza che prima o poi arrivi qualcuno che faccia “quadrare il cerchio”.

Nel mio personale gruppo di (selezionati) ‘portatori di luce’ c’è sicuramente Luca De Biase.

Fondatore di Nova24, uno degli esperimenti più felici di giornalismo made in Italy coniugato al futuro (che ha diretto dall’ottobre 2005 al giugno 2011), Luca De Biase è attualmente presidente della Fondazione Ahref, centro di ricerca sulla qualità dell’informazione nei media sociali, docente di giornalismo e nuovi media presso varie università italiane ed estere, consulente del Ministero dello Sviluppo economico e molto altro ancora…

Un personaggio decisamente multitasking che richiedeva un’intervista all’altezza della situazione e anche un tocco di creatività. Così ho pensato di ricorrere al cubo di Rubik, da anni il più diffuso e simpatico rompicapo in circolazione, e associare a ogni colore delle facce del famoso cubo altrettante parole chiave da cui far partire le domande per il nuovo ‘ospite’ di Care about culture.

E così è nata “l’intervista a sei facce” con Luca De Biase.

BLU/TECNOLOGIA: Tecnologia è sinonimo di innovazione, spesso in contrapposizione al termine cultura. Cosa, a tuo avviso, può rendere veramente innovativa la cultura oggi?

Domanda ampia che si può vedere da almeno tre punti di vista. La cultura è tecnologia diceva Pierre Gourou, parlando da geografo-antropologo dei riferimenti pratici che riuniscono i gruppi umani. Il computer è la bicicletta del cervello diceva Steve Jobs, parlando da tecnologo autodidatta che immaginava le conseguenze neuroscientifiche dell’estensione elettronica delle capacità cerebrali. La cultura è l’industria culturale che non dipende dalle tecnologie della comunicazione, ma se ne giova per svilupparsi e crescere.

Di sicuro la cultura richiama fenomeni lenti mentre la tecnologia oggi è connessa all’innovazione. Ma deve essere chiaro che l’innovazione non è una novità, ma un cambiamento del quale si riconosce il senso di lunga durata.

Nel contesto attuale, l’incontro tra cultura e innovazione non può che avvenire all’insegna della produzione di nuovi contenuti, di riferimenti comuni e condivisi, rispecchiare l’accelerazione contemporanea della capacità evolutiva della specie umana. E lo strumento in grado di abbattere le barriere tra queste dimensioni è internet. Comprenderlo è la premessa per rendere innovativa la cultura oggi.

ROSSO/ECONOMIA: Perché in Italia è così difficile dare un valore economico alla cultura?

Non è difficile dare un valore economico alla cultura, ma connettere correttamente la cultura alla generazione di valore economico. Se ci si ferma a calcolare il valore delle produzioni dell’industria culturale e ci si convince che la maggior parte di quel valore deriva dal supporto statale, si commette un errore e si alimenta una discussione ideologica.

Se invece si riconosce che la cultura non è solo la produzione dell’industria culturale, ma un insieme molto più ampio, si vede che la cultura è un generatore di valore fondamentale per il sistema economico: dall’artigianato al turismo, dall’arredamento all’automazione e molto oltre (visto che tutte le esportazioni italiane trainanti sono connesse alla cultura).

La cultura, inoltre, influisce sulla convivenza, anche se in modi ancora da quantificare, ma chiaramente generativi di ricchezza immateriale: il riferimento è alla qualità della vita quotidiana e alla qualità del dibattito pubblico.

Non è difficile riconoscere il valore economico della cultura. Piuttosto è difficile quantificarlo davvero. E soprattutto è impossibile trovare un accordo in materia, se tutto il dibattito alla fine si riduce al supporto pubblico per l’industria culturale. Ciò che ritengo fondamentale sottolineare è che l’investimento in cultura deve partire dalla scuola e dalla ricerca universitaria; se per qualche decennio si è dimenticato tutto questo a favore della mentalità consumista, ora è tempo di ricominciare e di farlo partendo da queste dimensioni.

VERDE/RETE: Abbiamo scoperto che la Rete è un modello di sviluppo industriale (distretti), sociale (networking), di finanziamento (crowdfunding); nel settore culturale quale ruolo può svolgere la Rete?

La Rete oggi è un elemento costitutivo dell’ambiente mentale e pratico della maggioranza della popolazione. Dinamiche come quelle dei distretti industriali, del social networking, del crowdfunding, sono il risultato dell’evoluzione delle relazioni umane supportate dalle tecnologie digitali.

Un processo che ha condotto alla progressiva fusione tra piattaforma digitale e piattaforma territoriale con conseguenze ampiamente diffuse e irreversibili. Giusto per fare degli esempi: la riduzione delle barriere all’entrata per i nuovi operatori culturali, l’aumento delle opportunità nel settore, la messa in discussione di vecchi modelli e la creazione di nuovi paradigmi.

Una trasformazione in corso d’opera e di cui non si vede chiaramente la conclusione, se mai ci sarà una vera e propria conclusione.

GIALLO/OPPORTUNITÀ: Quali sono le opportunità che il web 2.0 offre alla cultura?

Il web 2.0 connette le persone con l’aiuto delle piattaforme digitali. Strumenti che hanno influenzato le strategie di memorizzazione, le capacità di elaborazione, le forme di connessione e i comportamenti di milioni di persone.

Un ampio ventaglio di opportunità, a disposizione anche del settore culturale con modalità diverse a secondo delle piattaforme. Facebook, per esempio, incentiva comportamenti orientati alla ricerca del consenso individuale, mentre Wikipedia promuove comportamenti orientati alla costruzione di un progetto culturale comune.

Esistono poi le opportunità legate alle nuove piattaforme, quelle ancora in fase di sperimentazione e che nascono perché la Rete non si ferma, ogni problema innesca la ricerca di una nuova soluzione.

Ecco perché ritengo che la vera opportunità sia legata alla comprensione della continua riprogettabilità delle strutture e delle piattaforme con le quali le persone si esprimono, si connettono, ragionano più o meno insieme, memorizzano e recuperano la memoria.

BIANCO/FUTURO: Dall’esperienza del  corso di “Information technology e nuove piattaforme culturali” che conduci all’Università IULM di Milano, quali sono le traiettorie da seguire per rendere la cultura una vera risorsa economica?

Lo ripeto: si tratta di lavorare sul senso di lunga durata dell’innovazione. Dunque, non solo sulla intelligente utilizzazione delle piattaforme esistenti, ma anche sulla progettazione di nuove “piattaforme” o strutture culturali digitali.

La dimensione mobile, la gamification, le grandi piattaforme per le decisioni informate, la nuova cartografia sono trend ormai già chiari. Che aprono la strada a nuovi progetti culturali tutti da provare.

ARANCIONE/CREATIVITÀ: Che posto occupa la creatività nella tua vita? Hai avuto dei “maestri di creatività”?

Le persone che davvero ammiro e considero maestri di creatività hanno tutte un tratto comune: un pensiero costantemente orientato alla generazione di visioni e una mente aperta che verifica e realizza queste visioni. Direi, un mix perfetto di concretezza e visionarietà.

Sono esploratori delle possibilità che spingono sempre un po’ più in là i limiti del possibile, senza fingere che questi non esistano; sono persone abituate a esprimere la loro visione, ma in grado di ascoltare gli altri e la soluzione che adottano è frutto di un atto di creazione comune.

Non si può essere felici se gli altri attorno a noi non lo sono. E non si può essere creativi se gli altri, prima o poi, non riconoscono, adottano, comprendono, migliorano la ‘nostra’ creazione. Felicità e creatività sono opere collettive nelle quali l’individuo esprime la sua libertà. Se penso a quei maestri, so che non hanno passato un giorno della loro vita senza tentare di imparare qualcosa: i maestri, prima di tutto, hanno sete di imparare.

 

E voi quanto siete assetati? 

Grazie Luca ;)

Lascia un commento